Il regalo che ricevetti dai miei genitori per la maturità (era il ’90, ancora si chiamava così) fu un lettore CD da impilare nell’impianto stereo domestico. Il primo lettore CD.
Arrivarono immediatamente anche i dischi; per prime alcune sinfonie. Quella che ricordo aver ascoltato più di frequente in quell’estate di libertà era opera di un amburghese in visita in Scozia.
Imparai presto a gustare, tanto che mi trovai a praticarlo per buona parte del periodo dell’università, il momento di attenzione ai suoni e alle loro strutture, ma anche di scrutinio della giornata, dei suoi avvenimenti e delle sue emozioni, di impegno e immaginazione per l’indomani vicino e lontano; momento di oscurità e solitudine desiderate e godute, nella casa altrimenti attraversata solo dal silenzio del sonno degli altri familiari.
Un momento che poi persi, perché evidentemente la vita cambia, i suoi spazi e i suoi tempi mutano, e talvolta riti e oggetti, anche i più preziosi, si possono lasciare indietro.
Emotions recollected in tranquillity: formuletta che definisce l’opera di un grande poeta studiato a quei tempi in preparazione all’orale (mio), e riemersa questa mattina, in una pausa tra un orale (loro) e il successivo (maturità sempre, anzi, pardon: esame di Stato), parlando con l’amica e collega Ilaria di ciò che è rimasto in memoria nel passaggio da una parte all’altra della cattedra.
Sarà la nostalgia per la gioventù di queste care persone che vedo, cinque a cinque, prendere il largo, e per le emozioni che li vedo provare, sbirciando sotto l’insipida liturgia selfie del prosecco, o sarà invece la nostalgia di quella mia estate, ma Wordsworth mi invita leggere quella poltrona di ciniglia dorata, quelle cuffie, quella musica, come un momento di poesia.
Così stasera, approfittando della poltrona della Panda, del suono della radio che, in un viaggio notturno a recuperare un figlio dai vivaci impegni sociali, mi rimanda le stesse note caledoni, ho ritrovato il mio momento di poesia. Certamente meno comodo, meno silenzioso e solitario, meno nitido e pulito di allora. Ma mi è difficile stabilire se questi comparativi non si riferiscano piuttosto a me stesso, di necessità.
Poiché però l’età mi ha insegnato un significato più ampio per il termine poesia, e l’esperienza l’urgenza di accedervi, eccomi a completare l’opera, lasciando le mie quattro righe a chi vorrà leggerle.
Con l’augurio, specialmente dedicato a chi ha in questi giorni titolo e opportunità di farsi un regalo di maturità (recidivo… esame di Stato), di trovare il proprio momento di poesia, di desiderarlo e frequentarlo.