Cuando se muere en la carne
El alma va derechito
A saludar a la luna
Y de paso al lucerito.
Adónde se fué su gracia
Adónde se fué su dulzura
Por qué se cae su cuerpo
Como una fruta madura
(Violeta Parra, Rin del angelito)
Il loro nome (me lo ricordo perché era insolito) era citato nel libro di musica delle medie. Però ho iniziato ad ascoltarli e apprezzarli solo anni dopo, quando a casa di un amico ho trovato un’intera collezione di vinili, subito travasati in musicassette da autoradio.
Gli Inti-Illimani ormai da tanti anni per me significano musica e resistenza, cultura alta e cultura popolare, lotta e dolcezza, passione civile ed esilio, ritorno e rinnovato impegno.
Domenica scorsa ho avuto il privilegio di ascoltarli per la prima volta dal vivo.
Emozioni forti.
Per ritmi e timbri, melodie e armonie che devo aver dentro, perché mi prendono già in registrazione, figuriamoci dal vivo.
Per la bravura di voci e strumentisti, poeti e compositori, ancor di più dal vivo.
Per la forza di una formazione musicale che ormai da cinquantacinque anni gira il mondo, quasi del tutto rinnovata nei volti delle persone e nel repertorio, ma fedele a se stessa.
Per la passione, che passa tutta. Una passione che prende le forme dell’amore romantico come valore in sé, ma che spesso si trasfigura nel rapporto del cittadino con il proprio Paese.
Per il racconto, mai interrotto, di storie che sento mie perché sottolineano che non ci sono fusi orari o latitudini e continenti che possano differenziare la dignità umana e i diritti, sempre conquistati a caro prezzo e insidiati, a macchie di guiña, in tutto il mondo anche oggi. Un racconto che fa sì che ascoltare anche le canzoni più schierate e storiche, come “El pueblo unido”, oggi, non mi porti a sorridere di un tempo irrimediabilmente passato, ma sentire in quelle parole, in quel gridare insieme, un’attualità costante.
E, alla fine, per la testimonianza viva e sofferta che anche dopo eventi tragici, per singoli e nazioni, è grazie a coloro che non hanno smesso di lavorare al telaio della dignità e dell’umanità se la trama della storia può tornare a vestire i colori della speranza.
Se poi volete la canzone che dà nome alla minitournée in collaborazione con Amnesty International (con Giulio Wilson, che non conoscevo: una bella scoperta), è questa qui. Diversa, ma forse no.